Il fremito
E' lei a far vibrare le corde della nostra anima,
come un terremoto divoratore,
una pallottola di veleno carica,
affamata d'ogni nostro ardore.
Si muove sinuosamente nel nostro petto,
innescando l'oblio più nero,
affine ad un mostro sotto il letto
che conficca le zanne di malato siero.
Ah la paura, che attanaglia il cuore ogni notte!
così simile a un demonio che fa sudar freddo dal terrore
quando la sua presenza accompagna la morte,
e siam costretti ad accoglierla nel dolore.
E' un'entità meschina e fatale,
pronta ad avvolgerci nelle sue spire mortali
per farci i denti tremare!
E l'orrore ci inghiotte come un serpente letale.
Non c'è più speranza, né possibilità di salvezza,
quando lei sopraggiunge svelta e viscida,
lasciando in noi al mattino soltanto un'innata amarezza,
e lentamente sprofondiamo nella sua faida.
La paura, quel male che si impossessa di noi quasi ogni momento,
affondando i suoi neri artigli per ferirci,
trasformando il timore di una perdita in un tormento,
così come le fobie riescono a demolirci.
Lei ci dissangua voracemente,
un vampiro assettato di linfa vitale,
di cuori che palpitano spasmodicamente,
di battiti di denti dal suono ancestrale.
Questo è il terrore che strisciando ci pervade,
l'impulso di un ingovernabile agghiacciante fremito.
come un terremoto divoratore,
una pallottola di veleno carica,
affamata d'ogni nostro ardore.
Si muove sinuosamente nel nostro petto,
innescando l'oblio più nero,
affine ad un mostro sotto il letto
che conficca le zanne di malato siero.
Ah la paura, che attanaglia il cuore ogni notte!
così simile a un demonio che fa sudar freddo dal terrore
quando la sua presenza accompagna la morte,
e siam costretti ad accoglierla nel dolore.
E' un'entità meschina e fatale,
pronta ad avvolgerci nelle sue spire mortali
per farci i denti tremare!
E l'orrore ci inghiotte come un serpente letale.
Non c'è più speranza, né possibilità di salvezza,
quando lei sopraggiunge svelta e viscida,
lasciando in noi al mattino soltanto un'innata amarezza,
e lentamente sprofondiamo nella sua faida.
La paura, quel male che si impossessa di noi quasi ogni momento,
affondando i suoi neri artigli per ferirci,
trasformando il timore di una perdita in un tormento,
così come le fobie riescono a demolirci.
Lei ci dissangua voracemente,
un vampiro assettato di linfa vitale,
di cuori che palpitano spasmodicamente,
di battiti di denti dal suono ancestrale.
Questo è il terrore che strisciando ci pervade,
l'impulso di un ingovernabile agghiacciante fremito.
Il limite
Disteso sull'asfalto,
Fra mille nubi di soffocante nero,
Perché non riesco a scorgere l'azzurro?
E le foglie dell'albero cadono,
S'infrangono a terra...
Soltanto cenere.
Dove sono i grandi firmamenti oh eterna notte?
Sbatto le mie esili ali,
Tento di prendere il volo
E cado.
Oh infante, gracile corpo,
Chi mai ti ridusse a tal lamento?
Chi mai strappò le tue ali?
Chi mai ferì le tue braccia?
Provo, tento ancora...
E con un tonfo sordo cado.
C'è rosso sulla strada,
Liquido vermiglio sulle mani,
Ed il sapore delle lacrime strazianti.
Il sangue scorre fra le vie,
Imbratta le mie ali,
A che tanto male?
A che tanti affanni
Se mai potrò volare?
La terra trema,
Il pianeta nell'utopico splendor piange.
Il confine è stato varcato.
Fra mille nubi di soffocante nero,
Perché non riesco a scorgere l'azzurro?
E le foglie dell'albero cadono,
S'infrangono a terra...
Soltanto cenere.
Dove sono i grandi firmamenti oh eterna notte?
Sbatto le mie esili ali,
Tento di prendere il volo
E cado.
Oh infante, gracile corpo,
Chi mai ti ridusse a tal lamento?
Chi mai strappò le tue ali?
Chi mai ferì le tue braccia?
Provo, tento ancora...
E con un tonfo sordo cado.
C'è rosso sulla strada,
Liquido vermiglio sulle mani,
Ed il sapore delle lacrime strazianti.
Il sangue scorre fra le vie,
Imbratta le mie ali,
A che tanto male?
A che tanti affanni
Se mai potrò volare?
La terra trema,
Il pianeta nell'utopico splendor piange.
Il confine è stato varcato.
Il teschio
E' la Primavera a far più male,
I raggi odiosi del Sole,
L'inverdire delle foglie,
L'allungarsi del giorno,
ed il mio lento approssimarsi alla fine...
Se solo potessi tramutare il mio corpo in un albero,
Se solo potessi fiorire ancora una volta!
La carne non ha colore,
Gli occhi come gemme opache,
Quell'infinito strazio del dolore!
Le mie ore son contate.
Ma non temo le flebo,
Il non riuscire a parlare,
Odio della Morte esser servo,
Ed il mio cuore inizia a sanguinare.
Quanto? Quanto dovrò sopportare?
Quanto mi consumeranno ancora queste orride ore?
Ancora c'è vita,
Ma non posso nutrirmi;
Ancora sono vivo,
Ma non riesco ad alzarmi;
Ancora patisco l'Inferno,
Ma non posso gridare.
E mi sovvengono i loro volti,
E mi si spacca lo stomaco,
E le membra si stringono...
Cosa faranno quando non sarò più qui?
Sopravvivranno al silenzio mortale,
Alla stanza impregnata dall'olezzo dei farmaci?
Prego ogni notte quell'ombra fatale,
Colei che vive nel buio
Per assaporare la linfa vitale;
La supplico di cingermi nello scheletrico pugno,
Ma Lei scuote il teschio ancestrale.
La vita è un fragile filo,
E' breve come un battito d'ali,
Ma allo scoccare dell'orologio,
Nello sciogliersi delle lancette,
Oh, appare così infinitamente lunga...
Soltanto eterna disperazione.
La bara
Gracile esangue cadavere,
Mio miglior incubo,
Mio più crudele ricordo;
Mi chiedo quale sensazione proverai,
Quale agghiacciante fremito ti pervaderà
In quella gelida lignea cassa.
Non la terra arida seppellirà,
Non i variegati fiori,
Ma il tempo scorrerà sui tuoi amabili resti.
Ricordi quando la vita era agli albori?
Ne rammenti tutti i singoli pezzi?
Vi erano lunghe giornate di reconditi rancori,
Vi erano litigi e grida,
Problemi e rancori...
Ma tu c'eri.
Oh anima stanca e tormentata,
Parlami un'ultima volta,
Rassicurami che la morte non ti abbia davvero distrutta!
Luce? Ombra?
Cosa c'era ad attenderti da lontano?
Chi allora al posto mio prese la tua mano?
Ma tu non ci sei.
La bara con la tua carne è vuota,
L'involucro vitale non ha più nulla di te.
Gli occhi appaiono come vitree orbite vuote,
Le mani nodose come di uno scheletro,
No, non più vi alberghi.
Mai più la tua voce udirò;
Mai più la tua stretta sentirò;
Mai più davvero vivrò.
La cassa si chiude,
Un rumore scioccante,
Simile ad un osso spezzato...
Non ti vedo
Ma so che sei nel vento.
Oh terra infeconda,
Concima!
Oh terra dannata,
Custodisci la memoria!
Mio miglior incubo,
Mio più crudele ricordo;
Mi chiedo quale sensazione proverai,
Quale agghiacciante fremito ti pervaderà
In quella gelida lignea cassa.
Non la terra arida seppellirà,
Non i variegati fiori,
Ma il tempo scorrerà sui tuoi amabili resti.
Ricordi quando la vita era agli albori?
Ne rammenti tutti i singoli pezzi?
Vi erano lunghe giornate di reconditi rancori,
Vi erano litigi e grida,
Problemi e rancori...
Ma tu c'eri.
Oh anima stanca e tormentata,
Parlami un'ultima volta,
Rassicurami che la morte non ti abbia davvero distrutta!
Luce? Ombra?
Cosa c'era ad attenderti da lontano?
Chi allora al posto mio prese la tua mano?
Ma tu non ci sei.
La bara con la tua carne è vuota,
L'involucro vitale non ha più nulla di te.
Gli occhi appaiono come vitree orbite vuote,
Le mani nodose come di uno scheletro,
No, non più vi alberghi.
Mai più la tua voce udirò;
Mai più la tua stretta sentirò;
Mai più davvero vivrò.
La cassa si chiude,
Un rumore scioccante,
Simile ad un osso spezzato...
Non ti vedo
Ma so che sei nel vento.
Oh terra infeconda,
Concima!
Oh terra dannata,
Custodisci la memoria!
La macchia
La
notte perpetua,
Le stelle morenti,
Il cielo dilaniato dall'immenso rumore...
Lentamente affogo.
L'abisso eterno mi avvolge,
Le maschere cineree mi osservano,
Il loro luciferino riso mi stravolge.
Boccheggio
Ed affogo.
Solo nell'incertezza,
Perso nella ricerca,
A che prezzo l'accettazione?
A qual prezzo l'immortalità?
In un mondo che geme,
L'ipocrisia regna la fatalità,
Ed il nettare del pure cuore spreme.
Oh luce della mia stanza oppressa,
Perché ti vai affievolendo?
Riflesso, mia immagine nello specchio,
Perché mai adesso stai piangendo?
I vetri cadono sul pavimento,
La loro oscura lucentezza mi inebria,
Ed il mio pugno sanguina lento.
Alienato dalla vita,
Corrotto dal pianeta,
Disgustato dall'Universo...
Sto affogando,
Gli spasimi del mio destino avverso,
Prigioniero di una gabbia di ghiaccio,
E nessuno ascolta il mio lamento.
Le vene recise pulsano sotto la carne martoriata,
Ancora vive ma già morte...
Rivoli,
Rivoli rossi che hanno perso colore
Come la mia pelle,
Come la mia empia umana essenza.
Le stelle morenti,
Il cielo dilaniato dall'immenso rumore...
Lentamente affogo.
L'abisso eterno mi avvolge,
Le maschere cineree mi osservano,
Il loro luciferino riso mi stravolge.
Boccheggio
Ed affogo.
Solo nell'incertezza,
Perso nella ricerca,
A che prezzo l'accettazione?
A qual prezzo l'immortalità?
In un mondo che geme,
L'ipocrisia regna la fatalità,
Ed il nettare del pure cuore spreme.
Oh luce della mia stanza oppressa,
Perché ti vai affievolendo?
Riflesso, mia immagine nello specchio,
Perché mai adesso stai piangendo?
I vetri cadono sul pavimento,
La loro oscura lucentezza mi inebria,
Ed il mio pugno sanguina lento.
Alienato dalla vita,
Corrotto dal pianeta,
Disgustato dall'Universo...
Sto affogando,
Gli spasimi del mio destino avverso,
Prigioniero di una gabbia di ghiaccio,
E nessuno ascolta il mio lamento.
Le vene recise pulsano sotto la carne martoriata,
Ancora vive ma già morte...
Rivoli,
Rivoli rossi che hanno perso colore
Come la mia pelle,
Come la mia empia umana essenza.